Quello che le vigne non dicono…

Quello che le vigne non dicono…

Alla ricerca del mix vincente fatto di parola e sostanza 

 

Se questa vigna potesse parlare… Già, ma non può. Se questi grappoli potessero dire… vero, ma non possono. Se questi filari potessero raccontare… certo, ma non hanno voce.

Non è la rivisitazione in chiave enoica della favola di Cappuccetto Rosso, bensì il pensiero che accarezza ogni singolo viticoltore ogni volta che si trova a solcare il proprio campo, in qualsiasi stagione dell’anno. Come fare per tradurre – nel senso latino del termine, tradére e cioè raccontare agli altri – quello che un viticoltore vive per davvero 360 giorni all’anno? Prima di tutto serve un grande sforzo di ascolto da parte di chi è chiamato a comunicare.

È una grossa responsabilità per il comunicatore soprattutto quando a richiedere supporto sono giovani realtà emergenti che devono costruire il racconto della propria storia. È un percorso che parte dalle origini, quasi un gomitolo che pian piano si dipana e che lentamente acquisisce forma nuova. È infatti indispensabile accompagnare l’azienda passo passo prima di tutto nella definizione e codificazione della propria identità. Ogni singola parola è in grado di fare la differenza in quanto veicolo di messaggio, di forza e di energia. Ed è proprio da poche parole, scritte nero su bianco, che parte poi il tutto. La qualità del vino allora, requisito sine qua non, inizia a rivestirsi di concetti nuovi, originali, curiosi, così ben fatti e studiati da destare l’attenzione di un pubblico selezionato e attento. Nel mezzo rimane strategico il peso della relazione umana: contatti, amicizie, conoscenze che ogni bravo comunicare costruisce e coltiva con cura certosina in anni di professione.

Solo un equilibrio calibrato tra qualità del vino, studio del messaggio, relazioni umane sarà in grado di generare quel mix vincente fatto di parola e sostanza in grado di far breccia davvero e di bucare il muro della comunicazione.